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Trattare dei
problemi
turistici del
Golfo, ora che i
due centri sui
quali essi
gravitano
maggiormente,
Lerici e
Portovenere,
hanno preso
l’assetto
abituale della «
morta stagione »
e... del cattivo
tempo, può
essere
considerato di
poca attualità.
Ciò nondimeno i
problemi
esistono e le
soluzioni vanno
studiate e
preparate con
tempestività,
tanto più che
non sono facili,
richiedono
spesso mezzi
ingenti e
soprattutto
molta dedizione,
avvedutezza e
grande amore per
i luoghi a cui
si riferiscono.
li Golfo della Spezia fu mèta turistica di
una certa
importanza ancor
prima che la
mente eletta di
Cavour lo
destinasse a
base fortificata
e sede del
grande arsenale
della Marina;
gli arenili del
borgo ridente
della Spezia,
stretto nella
piccola cerchia
di mura fra la
Cittadella ed il
castello di
Nicolò Fieschi,
erano, nella
stagione estiva,
un ricercato
soggiorno di
famiglie
benestanti del
Piemonte e della
Toscana e
all’albergo
Croce di Malta
la famiglia
reale
trascorreva di
solito i mesi
estivi, mentre
San Terenzo e
Portovenere
costituivano il
richiamo di
poeti e pittori
o villeggianti,
anche stranieri,
e soprattutto
inglesi, alcuni
dei quali vi
avevano
costruito ville
proprie. Come
detta corrente
si sia spostata
poi nella
Riviera e nel
litorale toscano
è storia nota.
Oggi il turismo
è considerato
una innegabile
fonte di reddito
in tutti i paesi
ai quali madre
natura ha
concesso
bellezze al sole
da far valere e
la storia
vestigia o
tesori artistici
da far
conoscere. Più
apprezzato,
sotto il punto
di vista del
rendimento, il
turismo
straniero,
ovviamente; ma
vi è un turismo
« di classe »
anche nostrano,
che non può
essere
trascurato.
Abbiamo avuto
l’impressione
che questo fine
costituisca la
preoccupazione
principale della
Direzione
Provinciale del
Turismo alla
Spezia, ciò che
risalta in special modo
dalla bella
collana di
pubblicazioni,
alcune in
pregiata veste
editoriale e
presentate nelle
varie lingue,
realizzata negli
ultimi anni, la
quale
costituisce una
documentazione
storica,
artistica e
pittorica del
Golfo quale non
esisteva fino ad
oggi. Richiamare
ad esso, alle
sue sponde
incantevoli —
per quanto
lacerate dalle
trascorse
contingenze — la
predetta
corrente di
turisti e di
villeggianti più
o meno stabili,
cancellare, o
mascherare, fin
dove è possibile
le lacerazioni
ed i
deturpamenti al
paesaggio, è
richiesto, oltre
a tutto, dalla
mutata economia
del Golfo, le
cui popolazioni
non possono più
contare sulle
risorse del
passato. Forse
non tutti ne
hanno la precisa
e veristica
visione e non è
qui il luogo di
approfondire
l’analisi del
mutamento,
proprio del
resto a quasi
tutti i paesi
della riviera di
Levante, ai
quali la
trasformazione
turistica si
imposta come una
fatale
necessità.
Desidererei mettere in evidenza in questa
breve nota — per
l’amore che vi
porto — i
problemi
particolari del
lato Ovest del
Golfo, che
appaiono
maggiormente
connessi
all’incremento
turistico. Essi
si compendiano,
ovviamente, in
quelli più
urgenti, di
Portovenere dato
che le frazioni,
assai più
industri, delle
Grazie e del
Fezzano pur
avendo lati
paesistici non
trascurabili,
sembrano
amalgamarsi a
preferenza con
la vita
economica della
Spezia, del suo
porto e del suo
arsenale.
Portovenere, sia a causa della sua
posizione
avanzata nel
Golfo già in
forza di una
tradizione di
vita autonoma
connessa alla
sua secolare
funzione di
«colonia
genovese» in
territorio
lunigianese, in
passato ha
attinto
preferibilmente
le sue risorse
nella
navigazione,
nella pesca e
nelle
coltivazioni,
tutte oggi in
grave crisi, per
ragioni troppo
profonde, da
essere qui
discusse nella
loro estensione
e gravità. Fu
quindi naturale
l’avvio alla
funzione
turistica, che
già le era stata
assegnata, in
pectore, quando
nel secolo
passato correnti
di poeti, di
pittori e di
scienziati
italiani e
stranieri per
primi ne avevano
esaltato le
bellezze
pittoriche, così
fuori del
convenzionale.
Esse comprendono, come è noto, bellezze
naturali e
vestigia
storiche di
grande
interesse,
entrambe fonti
di attrazione
per il turista
nostrano e
forestiero. Non
sarà mai
abbastanza
raccomandato a
chi compete di
curarne la buona
conservazione e
l’attraente
presentazione e
sappiamo che la
preservazione
delle antichità
sta a cuore a
tutti. Vada un
plauso al
Turismo
Provinciale ed
al Comune per la
ben riuscita
messa a fuoco
notturna dei
monumenti, che
ha riscosso
l’ammirazione di
molti turisti
stranieri
transitati
nelle acque di
Portovenere e
Lerici con i
loro panfili da
diporto. E’ buon
sintomo che si sia
cominciato a far
qualcosa per il
grande castello
superiore, i cui
approcci,
devastati
dall’incendio
del 1340,
lasciano tuttora
a desiderare dal
lato
dell’accessibilità.
Permangono
tuttora
incongruenze,
contrasti e
deturpazioni
che, nonostante
la buona volontà
di tutti, non si
riesce a
cancellare, come
gli antiestetici
tralicci a
cavaliere del
paese, i tetti
rossi qua e là
affioranti in
mezzo alla
uniformità dei
tetti di
lavagna,
caratteristici
del classico
paesaggio ligustico, le
pretenziose
verande «a
lanterna» che
stonano sul
rustico delle
case e dei
tetti, e via
dicendo.
Più disastrosa la situazione dal lato
bellezze
naturali.
Sacrificate
molte delle
artistiche
scogliere, che
formavano la
bellezza del
sorgitore. Alla
Palmaria resa
inaccessibile la
Cala Grande, con
le sue belle
grotte:
diffidati
bagnanti,
turisti,
pescatori a
tenersi al largo
per i pericoli
delle cave
sovrastanti... i
cui lavori
appaiono sospesi
da tempo; resa
inaccessibile la
Grotta dei
Colombi, che fu
in passato la
mèta di illustri
paleontologi, ed
oltre a tutto di
grande interesse
speleologico;
devastato dai
gitanti
incendiari il
patrimonio della
bella isola,
senza speranza
che la
devastazione
abbia termine,
in quanto si
ripete con
allarmante
periodicità ad
ogni ritorno
della buona
stagione!
Rallegriamoci
che ne sia stata
risparmiata
l’isola del
Tino. Per merito
del solerte
comitato «Pro
Insula Tyro»
l’anno 1960 ne
segnerà la
rinascita, nel
nome del «Santo
Marinaio». per
rivivificare
valori
spirituali
legati alla sua
vita ed alle sue
attività. Sarà
poi la volta
della Palmaria?
Grandi speranze, intanto, si delineano per
le comunicazioni
con Portovenere
se troverà
consistenza
d’esecuzione la
proposta della
Direzione
Provinciale del
Turismo circa la
« pedemontana »
che staccandosi
dalla costruenda
litoranea per
Sestri Levante,
attraverso Campiglia, la
Castellana ed il
Muzzerone
raggiungerà il
castello di
Portovenere,
piegando alla
spiaggia senza
penetrare
comunque nel
perimetro
cintato del
borgo. La nuova
strada,
tagliando a
mezza costa le
pendici del
Muzzerone,
svolgendosi
attraverso uno
dei panorami più
superbi del
Golfo
contribuirebbe a
rendere più
sollecite le vie
turistiche per
Portovenere e
nel contempo a
valorizzare lo
stesso Muzzerone,
i cui aspetti
paesistici
possono stare
ben al pari di
quelli
attribuiti al
promontorio di
Portofino. Il
comune di
Portovenere si e
impegnato a
contribuire al
lavoro, ma non
prima, — almeno
si crede — di
aver condotto a
termine quello,
ormai annoso,
concernente la
deviazione «a
senso unico »
dall’attuale
strada
provinciale La
Spezia-Portovenere
lungo la dorsale
e le pendici e
calanche del
Cavo. Questo
allacciamento si
rende ormai
indispensabile,
data la spinta
di sviluppo di
Portovenere
residenziale e
turistica verso
le insenature
dell’Olivo.
Ma, a proposito, esiste un piano razionale
di
valorizzazione
di questo lato
incantevole, e
climatico, della
baia? Quale sarà
la sorte del
piccolo
cantiere, con
scali d’alaggio
che rimonta a
Domenico Chiodo,
ed è ormai del
tutto declassato
dai meglio
attrezzati
cantieri del
Golfo? Fra le
altre impellenti
necessità
turistiche, vi è
quella di
favorire quanto
possibile lo
sport nautico.
Nella buona
stagione
transitano da
Portovenere
centinaia di
panfili d’ogni
bandiera, ma ben
pochi si
fermano.
L’esiguo spazio
d’ormeggio ad
essi assegnato
nel Molo Dondero
è del tutto
inadeguato e
basta appena per
quattro o cinque
di essi.
D’altronde, non
sembra giusto il
provvedimento di
far sgombrare i
pescherecci dal
porticciuolo,
come non è
giusto togliere
le calate alle
imbarcazioni per
farne godere le
automobili.
Per concludere, l’avvenire di Portovenere,
come stazione
balneare e
turistica estiva
ed eventualmente
climatica in
altri mesi
dell’anno, sta
nella
possibilità con
cui gli enti
pubblici
potranno
provvedere,
entro limiti di
tempo
ragionevoli,
alle opere di
competenza e
principalmente
alle strade,
richieste con
qualche urgenza,
insieme ai
miglioramenti
marittimi. Ma
non bisogna
illudersi che
ciò sia tutto.
Soltanto
l’iniziativa
privata — fino
ad oggi assente
del tutto o
quasi — potrà
rendere
Portovenere, se
non proprio una
stazione
turistica di
lusso, che
nessuno desidera
(e per quale
mancano tutti i
presupposti) una
mèta serena, un
soggiorno
riposante per
quanti cercano
la diversione
dalla vita
febbrile e dal
frastuono in una
sana atmosfera
di spiritualità
e di naturale
bellezza.
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